GLI ALBORI

È la fine del 1970. Il seme è gettato un venerdì. Al termine delle prove, i componenti dell’allora “Corale Santa Margherita” (poi diventata “Colorno Folk”) sono soliti ritrovarsi da Bruno a Sacca, al Ristorante Stendhal.

 

In una di queste occasioni, il dottor Eros Spluga propone ai coristi di dare vita ad un gruppo che si impegni per sostenere la collettività in vario modo. Poche settimane prima il Grande Fiume era uscito dal suo corso abituale, allagando le golene.

 

Alcune case erano state allagate. L’esigenza che qualcuno contribuisca ad aiutare persone in difficoltà è tangibile, ma realtà come la Protezione Civile sono ancora lontane dall’essere istituite.

 

L’impegno è di organizzare attività che consentano di racimolare fondi da devolvere a fin di bene.

 

L’idea del dottor Spluga viene accolta con entusiasmo dal gruppo iniziale di amici, del quale fanno parte Lino Adorni, Bruno Battistelli, Luciano Bergonzi, Claudio Caggiati, Valter Ceci, Vincenzo Ferrarini, Aldo Gatti, Agostino Lanzi, Maurizio Meneghello e Alfredo Storci.

 

Con loro, come sempre, don Gabriele Fridoletti, il sacerdote, che guida la corale, prende parte anche ai momenti conviviali che seguono le sedute di prova. Fin dalla mattina seguente, ognuno dei partecipanti trasmette la proposta alle rispettive compagnie: tanti si rendono immediatamente disponibili a mettersi in gioco.

 

Gioco è veramente la parola giusta, perché tutti sono convinti che la lodevole iniziativa può concretizzarsi soltanto se si mantiene un clima allegro, scanzonato.

 

Il segreto per fare bene cose serie è probabilmente quello di non prendersi troppo sul serio.

 

Così è stato.

IL PERCHE' DI UN NOME

Agli inizi del 1971, la squadra degli Amici è già considerevole: vi aderiscono varie decine di persone.

La sfida si fa sempre più impegnativa.

 

Bisogna cominciare a pensare anche a come gestire le tante energie della squadra. A una struttura. A una denominazione.

Il nome del Circolo è frutto dello spirito di leale e sincera amicizia che anima il gruppo.

 

Agli inizi, l’organizzazione è quella di un comitato: le persone sono unite da comuni intenti, senza un atto costitutivo.

 

Nella sostanza, anche se non nella forma, il Circolo è comunque già nato.

 

Lo conferma la targa che si trova esposta all’ingresso degli uffici dell’attuale sede di Vedole, che ricorda l’anno 1971 come quello di fondazione. Il simbolo del Circolo viene individuato in una vigorosa stretta di mano con lo sfondo di un sole nascente: un logo attuale ancora oggi.

 

L’attività del gruppo comincia promuovendo attività ricreative, sportive e culturali. Ma devolve anche una fetta dei ricavi a scopi benefici.

 

Amicizia e solidarietà, appunto.

 

La presentazione ufficiale del Circolo è organizzata in pompa magna, nel 1971, al Cinema Teatro Comunale di Colorno con la presenza di Roberto Boninsegna.

 

Il Circolo dell’Amicizia sembra inarrestabile: promuove anche cineforum, conferenze mediche e una lotteria benefica.

 

Ma il viaggio nella memoria non può dimenticare le feste campestri.

LA SVOLTA

Nell’arco di pochi anni, rispetto alle prime riunioni tenute da Bruno a Sacca, le cose sono cambiate radicalmente.

 

L’iniziale gruppo di fondatori ha raggiunto l’età matura. Molti hanno figli.

 

Si sente il bisogno di avere una sede propria, di dare vita a qualcosa di duraturo, che possa essere tramandato.

 

Il sogno da realizzare diventa quello di un centro sportivo e ricreativo con la piscina.

 

Ma lo spirito non muta.

 

Il “lascito” non deve essere soltanto materiale: l’obiettivo è che anche i figli possano condividere gli iniziali sentimenti di amicizia e compartecipazione.

 

Il fatto che, a quasi quattro decenni di distanza da quei giorni, “sguazzino” nella vasca piccola anche molti pronipoti dei Soci di allora è la prova che il risultato è stato raggiunto.

 

È del 1974 la prima ossatura del Circolo.

 

Per realizzare il sogno, gli associati delegano un gruppo di persone a farsi carico dei vari adempimenti. Del direttivo (come risulta dal verbale conservato gelosamente da Aldo Gatti) fanno parte: Bruno Battistelli, Claudio Caggiati, Maurizio Meneghello, Carlo Amati, Alfredo Storci, Luciano Bergonzi, Aldo Gatti, Gino Ruggeri, don Gabriele Fridoletti, Lino Adorni e Franco Manghi. Revisori sono Valter Ceci, Luciano Adorni e Vittorio Gaiti.

 

Il Consiglio è eletto nel corso dell’Assemblea del 13 Novembre, svoltasi nei locali del Bar Zoni.

 

Resterà in carica un triennio con l’obiettivo di arrivare alla formalizzazione di una nuova struttura societaria, dotandola di personalità giuridica e di una sede. L’iniziale associazione è ritenuta non più adeguata. Si ipotizza di dare vita ad una Società per Azioni oppure ad una Cooperativa.

 

Alla fine prevarrà la seconda, in quanto il principio fondante (ogni socio, un solo voto) è considerato meglio rispondente alle finalità del Circolo: devono contare più le persone dei capitali.

 

L’INDIVIDUAZIONE DELLA SEDE. IL PROGETTO

Per partire, sono a disposizione un piccolo gruzzolo e un grande entusiasmo. Il primo passo è quello di individuare un’area idonea per avviare la costruzione.

 

A Vedole, in Strada della Selva, l’impresa Sereni, produttrice di laterizi, è intenzionata a vendere un podere con edifici rustici e abitativi in condizioni estremamente precarie.

 

L’appezzamento, una sorta di triangolo irregolare della superficie di circa 22.000 mq, risponderebbe pienamente alle esigenze del Circolo. Carlo Amati si occupa immediatamente di preparare un nuovo progetto.

 

IL SOGNO E' SCRITTO NERO SU BIANCO

I fondatori riuniti il 29 Gennaio 1977 non perdono tempo: eleggono immediatamente il nuovo Consiglio.

 

Ne fanno parte Maurizio Meneghello (presidente), Claudio Caggiati (vice presidente), Bruno Battistelli (segretario), Carlo Amati, Alfredo Storci, Luciano Bergonzi, Aldo Gatti, don Gabriele Fridoletti, Lino Adorni, Franco Manghi e Bruno Pezzali (consiglieri). Il Collegio Sindacale è composto da Valter Ceci (presidente), Luciano Adorni e Vittorio Gaiti (sindaci effettivi); Attilio Baldini e Pier Alfredo Manghi (sindaci supplenti).

 

Nella sostanza, atto costitutivo e statuto riconoscono a chiunque la facoltà di aderire al Circolo dell’Amicizia. Viene così condivisa la linea sostenuta strenuamente da don Gabriele Fridoletti che voleva evitare la nascita di una realtà elitaria, creando invece i presupposti per un’avventura che fosse soprattutto fatta di condivisione e amicizia.

 

È proprio don Gabriele ad occuparsi di studiare volantini per incentivare le iscrizioni alla neonata cooperativa.

 

Lo slogan, preparato insieme a Raffaello Gabbi della Tipografia La Colornese, è eloquente: “Piscine, Tennis e… Amicizia”. Viene utilizzato sia per la realizzazione di manifesti che di cartoline.

 

PARTE IL CANTIERE

Le operazioni sono frenetiche. Il cantiere per realizzare il primo impianto natatorio della bassa parmense prosegue celermente grazie al grande entusiasmo dei Soci, molti dei quali si prestano gratuitamente per effettuare vari lavori.

 

Non mancano “muratori” e “giardinieri”: c’è chi scava, chi pota gli alberi, chi contribuisce ad innalzare muri, spianare la terra, trasportare materiali.

 

Spesso si lavora anche la notte, con il cantiere illuminato dalla luce dei fari delle automobili. Brillano l’intraprendenza e la generosità di numerosi soci, i quali contribuiscono a bruciare le tappe del lungo percorso che dovrà portare all’apertura delle piscine: una per i bimbi, l’altra per ragazzi ed adulti. Il contributo è anche di idee: piovono suggerimenti.

 

Il cantiere è aperto ufficialmente il 21 Novembre del 1976: l’abbattimento della piccola stalla sotto la barchessa e la rimozione dei salici lungo il fosso che circonda il podere rappresentano i primi passi.

 

Seguiranno la manutenzione dei fossi, la pulizia dell’aia, la demolizione del pavimento della stalla e delle mangiatoie con il martello pneumatico.

La direzione generale delle operazioni è affidata al geometra Carlo Amati, che si presenta quasi quotidianamente con il suo inconfondibile Maggiolone cabriolet bianco.

 

Il suo uomo di riferimento e primo muratore è Pier Paolo Rivara (conosciuto come Kimono); al suo fianco Emilio Morini (Piede).

Alle costruzioni partecipa l’impresa di Nello Pezziga (Pipacio), mentre l’impiantistica idraulica è affidata a Romano Bongrani (Rapace).

 

Dell’area destinata a verde si occupa Franco Ferrari (Jo).

 

L’impresa Adriano Mingori si occupa degli scavi e dei lavori per le piscine.

 

La collaborazione delle imprese è massima: si lasciano coinvolgere dallo spirito che anima il cantiere dove ogni giorno si presentano tanti Soci desiderosi di contribuire con il proprio lavoro alla realizzazione di un sogno.

 

IL SOGNO DIVENTA REALTA'

Il 1978 è l’anno in cui i Soci del Circolo possono tuffarsi nelle acque della loro piscina.

 

Già a Gennaio, il complesso inizia ad assumere il suo aspetto definitivo con la messa a dimora delle piante.

 

A Marzo, la casa del custode è conclusa e i gelsi del caratteristico filare vengono potati con cura. Le ultime e definitive misurazioni delle aree destinate a piscina e campi da tennis danno il via agli scavi, terminati il mese successivo.

 

In Maggio partono i lavori per realizzare il gioco delle bocce, negli spazi ora adibiti a campo polivalente.

 

A Giugno si è già insediato il primo custode-gestore: Giovanni Moreni con la propria famiglia. Per raccogliere le candidature erano stati affissi manifestini in vari punti del paese.

 

A Giugno si è già insediato il primo custode-gestore: Giovanni Moreni con la propria famiglia.

 

Per raccogliere le candidature erano stati affissi manifestini in vari punti del paese. Il giorno 23 luglio viene aperta ufficiosamente la piscina piccola: i bimbi possono concedersi i primi bagni.

 

Per il primo tuffo nella piscina grande si deve attendere il pomeriggio del giorno 28 Luglio 1978.

 

L'ARRIVO DEL CAVALLO

L’annunciato arrivo del monumento equestre suscita qualche perplessità.

 

“Sono convinto che quando si realizza un’opera di grande impatto, la si debba abbellire con un’opera d’arte”.

 

Il geometra Carlo Amati ricorda la consuetudine di destinare a iniziative artistiche il 2% del preventivo di costo delle opere pubbliche.

 

Il medesimo discorso deve valere anche nel privato, se in fase di costruzione non si realizza un simbolo che caratterizzi il lavoro, non lo si farà mai più. Avevo avuto modo di conoscere lo scultore Gigi Ghidotti in quanto faceva produrre le proprie opere alla Fonderia d’Arte Caggiati. I suoi cavalli mi piacevano veramente tanto: da qui la scelta di coinvolgerlo.

 

Il “cavallo rappresenta la sincerità, l’aiuto all’uomo: come simbolo per il Circolo dell’Amicizia mi sembrava appropriato”.

 

A “sdoganare” il Cavallo hanno però subito provveduto i ragazzini, che hanno iniziato a gruppi ad arrampicarsi sulla scultura e a giocare tanto sulla groppa quanto addirittura sulla coda.

 

Come ora fanno i loro figli.